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24 ottobre 2014

Color oro

L'aria di ottobre sfuma i contorni delle cose e le accende di una meravigliosa luce color oro.
Colleziono piccoli tesori, partecipo a workshop improbabili, mangio deliziosi miniwaffles in locali fin troppo chic, mi regalo tramonti, leggo storie, condivido momenti che profumano di calore, di luce, di emozioni passate e nuove, mi sfido a giocare - a volte perdo.
E rimarrei ore e ore a riempirmi gli occhi di autunno.














21 ottobre 2014

Come una carezza lieve

Le cadeva addosso una malinconia dolce 
come una carezza lieve, 
che le stringeva il cuore a volte, 
un desiderio vago di cose ignote. 
(G. Verga)





20 ottobre 2014

Norway #2

Non scatto con la reflex digitale da quando sono tornata dalla Norvegia, ormai più di due mesi fa.
Di ragioni ve ne sono diverse, forse più personali che prettamente fotografiche. E tra quest'ultime includo anche quelle più emotive, come l'euforia di ritirare un rullino sviluppato e non sapere con esattezza cosa si avrà tra le mani, un po' perché la fotografia analogica è imprevedibile, soprattutto per me che sono alle prime armi, un po' perché tra lo scatto e la sua stampa o digitalizzazione solitamente trascorrono settimane: sulla 1100d ricontrollo più volte quanto scattato, al punto che il più delle volte, avendole continuamente sotto mano, le immagini impiegano molto più tempo a diventare ricordo.
Con la Yashica non posso tornare sull'immagine, non posso rivivere immediatamente la sensazione.
Questo fa sì che quando ho finalmente tra le mani le fotografie appena stampate, l'emozione passata si rifaccia subito vivida e pulsante, addolcita, ma non attenuata, da quell'atmosfera sognante che solo la pellicola è in grado di ricreare.
Sono affezionata a ognuna delle duecento foto scattate in analogico durante il viaggio, anche a quelle quasi del tutto bruciate - e non intenzionalmente, anche a quelle in cui il soggetto è troppo scuro, o fuori fuoco, o totalmente diverso da quello che appariva ai miei occhi, anche a queste prime, sebbene la totale mancanza di luce di quei giorni si faccia sentire e pesi moltissimo - così come la mia iniziale incapacità di sciogliermi, fotograficamente parlando e non, che si tratti di un viaggio o meno.
Delle duemila foto scattate con la digitale, ne amo forse una trentina.
Di fronte ad ogni bellissimo paesaggio, mi armavo di macchina fotografica e scattavo dieci, venti, trenta foto. Ricercavo la perfezione, la corrispondenza tra ciò che appariva sul display e ciò che vedevo, colma di stupore. Ed è inevitabile che nel riguardare decine di foto tutte uguali, più o meno tecnicamente apprezzabili, un po' di magia si perda per strada.
Con la Yashica non funziona così: la corrispondenza che cerco fin dall'inizio non è tra occhi e foto, ma tra dentro e fuori. All'analogico affido la meraviglia di fronte alle piccole cose, lo spaesamento di fronte a quelle grandi, la dolcezza di sapersi al sicuro e all'asciutto mentre fuori piove, la stanchezza di una giornata bellissima ma intensa, il sollievo di una pioggia improvvisa mentre si cammina da ore, tutto ciò che sento e che non sempre il mio sguardo riesce a cogliere.
Se si è abbastanza bravi in post-produzione, tutto questo è possibile a posteriori, e tra l'altro maggiormente controllabile, anche se si scatta digitale, ma l'immediata soggettività dell'analogico mi ha affascinata, incantata, rapita.
L'imperfezione è poesia, e prima di avere tra le mani i preziosi e sbagliatissimi risultati del mio primo rullino non avevo mai sentito quest'affermazione così giusta, così ovvia, così mia.








13 ottobre 2014

Norway #1

Si respira un'aria diversa, in Norvegia.
Nelle città, anche in quelle più grandi come Oslo o Bergen, i rumori sono come più dolci, le atmosfere ovattate.
Fuori dalle città, il silenzio, immenso e totalizzante, è rotto soltanto dal rumore di vento e di pioggia, dal verso onnipresente dei gabbiani. Più a Nord ci si spinge, più si intensifica la sensazione di essere altrove, un altrove in cui tu non sei che un puntino in confronto ad una natura incontaminata e selvaggia, talvolta bellissima, talvolta spaventosa.
Tre ore di aereo, sette ore di treno, un cielo che sembra non volersi spegnere mai, laghi e boschi che riempiono lo sguardo, foto piene di riflessi, un alternarsi di luce e di grigio, e neve, addirittura, anche se siamo a fine luglio.
Bergen ci accoglie con una pioggia incessante e con il primo assaggio di un freddo tipicamente norvegese, punendoci per esserci lamentati del caldo soffocante di Oslo e offrendoci la possibilità di sfoggiare per la prima volta i nostri preziosi keeway. Zainone dietro, zaino fotografico davanti, due macchine fotografiche al collo e un mantello impermeabile rosso che ricopre la mia figura - occhialuta - per intero: questa sarà l'affascinante immagine che di me offrirò al mondo per un buon 80% del viaggio.
La nostra abitazione è ricavata da una vecchia casa di pescatori che si sviluppa su tre minuscoli piani: riconoscerla tra i vicoli di Bergen, sotto la pioggia scrosciante e un cielo improvvisamente buio, è un'impresa non da poco.
Lamin, il nostro ospite, ha un sorriso grande, la pelle scura e gli occhi che luccicano. Il nostro letto è poco più che a una piazza, ma m'innamoro all'istante del legno che scricchiola sotto i miei piedi scalzi e del calore sprigionato da ogni dettaglio, da ogni angolino di questa casa vecchia e piccolissima.
Bergen è un letto troppo piccolo e troppo scomodo che riesce a farmi sentire al sicuro, il sorriso grande di Lamin, una pioggia dolce che ci fa costantemente compagnia, un risveglio a base di muffin e di tè ai mirtilli, un cielo bianco che non riesce a spegnere i colori, fiori all'entrata di ogni negozio, la barba candida e gli occhi gentili del capitano di un piccolo battello che dal Bryggen porta all'aquario. E' pranzare accanto a Jonathan e cenare accanto a un troll, nell'attesa di perdere lo sguardo nella città sotto di noi e nelle montagne tutt'attorno, avvolte dalle nuvole.











8 ottobre 2014

Ho creato innumerevoli blog e, dopo aver scelto scrupolosamente una grafica che mi soddisfacesse appieno, ho scritto innumerevoli post dal banalissimo titolo "Nuovi inizi" a cui spesso è seguito... il nulla.
La verità è che amo tutta la parte precedente - la già citata scrupolosa scelta della grafica, ad esempio - e anche l'idea di avere uno di quei blog puliti, ordinati e graziosi che tanto mi piace seguire per soddisfare il mio fabbisogno giornaliero di cose belle, ma poi l'entusiasmo iniziale viene meno e mi rendo conto che i contenuti mancano, la semplicità dello scrivere manca (sono perennemente in piena crisi adolescenziale, nonostante l'adolescenza sia passata da un pezzo: i post tristi e malinconici - leggi: la pesantezza - finiscono sempre per avere la meglio sul resto), le mie conoscenze grafiche sono inesistenti - come creare dunque un blog pulito, ordinato e grazioso, con la mente costantemente in disordine, ora più che mai, e una capacità pari a zero di applicare il proprio discutibile buon gusto?
Mi vengono in mente tutte le ricette trovate in rete, in quei post dalla grafica adorabile corredati da foto dall'illuminazione perfetta, collezionate nel menù dei preferiti e poi ambiziosamente messe in pratica, con i seguenti risultati: cucina in un pietoso disordine tutt'altro che artistico, luce gialla inquietante quasi più dal vivo che in foto, strofinacci che prendono misteriosamente fuoco, spigoli che spuntano ovunque per urtarmi nei punti più sensibili e, qualunque sia l'obiettivo finale, il tutto si conclude con la realizzazione di pietanze bitorzolute e non particolarmente invitanti, nonostante io segua sempre quasi pedissequamente le istruzioni adorabili contenute nei post adorabili (ok, in tutta onestà c'è da dire che prima che mia madre mi regalasse per Natale un potentissimo, altamente tecnologico strumento che fa magicamente tutto da sé, saltavo a piè pari la temibile espressione "montare le uova a neve ferma" e continuo a fare la gnorri quando mi suggeriscono di "setacciare la farina", qualunque cosa voglia dire).
In fondo è un po' la metafora della mia vita, tutto questo desiderio di fare e di apparire che si scontra quotidianamente con la mia assoluta mancanza di senso pratico ed estetico. Non sarò mai una tortina perfetta, fotografata con la luce più giusta, sarò sempre il muffin sbilenco, bruttino ma in fin dei conti buono, perché fatto con tutto l'amore possibile (la luce gialla no, però - vi prego, facciamo qualcosa per quella luce. Regalare alla sottoscritta un attico vista tetti e cielo, incantevolmente invaso dal sole a qualsiasi ora del giorno, non so, potrebbe essere un'idea).



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