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13 ottobre 2014

Norway #1

Si respira un'aria diversa, in Norvegia.
Nelle città, anche in quelle più grandi come Oslo o Bergen, i rumori sono come più dolci, le atmosfere ovattate.
Fuori dalle città, il silenzio, immenso e totalizzante, è rotto soltanto dal rumore di vento e di pioggia, dal verso onnipresente dei gabbiani. Più a Nord ci si spinge, più si intensifica la sensazione di essere altrove, un altrove in cui tu non sei che un puntino in confronto ad una natura incontaminata e selvaggia, talvolta bellissima, talvolta spaventosa.
Tre ore di aereo, sette ore di treno, un cielo che sembra non volersi spegnere mai, laghi e boschi che riempiono lo sguardo, foto piene di riflessi, un alternarsi di luce e di grigio, e neve, addirittura, anche se siamo a fine luglio.
Bergen ci accoglie con una pioggia incessante e con il primo assaggio di un freddo tipicamente norvegese, punendoci per esserci lamentati del caldo soffocante di Oslo e offrendoci la possibilità di sfoggiare per la prima volta i nostri preziosi keeway. Zainone dietro, zaino fotografico davanti, due macchine fotografiche al collo e un mantello impermeabile rosso che ricopre la mia figura - occhialuta - per intero: questa sarà l'affascinante immagine che di me offrirò al mondo per un buon 80% del viaggio.
La nostra abitazione è ricavata da una vecchia casa di pescatori che si sviluppa su tre minuscoli piani: riconoscerla tra i vicoli di Bergen, sotto la pioggia scrosciante e un cielo improvvisamente buio, è un'impresa non da poco.
Lamin, il nostro ospite, ha un sorriso grande, la pelle scura e gli occhi che luccicano. Il nostro letto è poco più che a una piazza, ma m'innamoro all'istante del legno che scricchiola sotto i miei piedi scalzi e del calore sprigionato da ogni dettaglio, da ogni angolino di questa casa vecchia e piccolissima.
Bergen è un letto troppo piccolo e troppo scomodo che riesce a farmi sentire al sicuro, il sorriso grande di Lamin, una pioggia dolce che ci fa costantemente compagnia, un risveglio a base di muffin e di tè ai mirtilli, un cielo bianco che non riesce a spegnere i colori, fiori all'entrata di ogni negozio, la barba candida e gli occhi gentili del capitano di un piccolo battello che dal Bryggen porta all'aquario. E' pranzare accanto a Jonathan e cenare accanto a un troll, nell'attesa di perdere lo sguardo nella città sotto di noi e nelle montagne tutt'attorno, avvolte dalle nuvole.











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